Università degli studi di Roma
La Sapienza
OSSERVATORIO NAZIONALE MOBBING

HOME    MOBBING    PUBBLICAZIONI    ARTICOLI    CONVEGNI E SEMINARI    CONSULENZE    RICERCA    LINK

 

Indice

IN CHE MONDO VIVIAMO

Sentiamo ogni giorno parlare della nostra vita, ma abusivamente, senza cognizione di causa, solo per farci credere che qualcuno si prende cura della nostra esistenza e che il nostro esserci serve per garantire l’essere. Noi ci siamo, cioè siamo presenti in quanto accade giornalmente, nella ricerca di qualcosa che possa garantire la nostra presenza nel mondo. Ma non ci siamo nella volontà e nella possibilità di testimoniare un fine, quello di porre l’uomo al centro di tutte le cose. Ci siamo, per anni, impegnati nel rivendicare una forma di convivenza neoumanistica, ma non è stato facile, perché ormai il pensiero è corrotto e privo di pretese umane, avendo il modernismo e la tecnologia imposto il suo primato. Tutto questo impone scelte drammatiche, immature e prive di sentimento umano, perché l’unico fine avvertito dall’uomo moderno è il potere. Esaminiamo un po’ la nostra condizione di uomini e di soggetti che non trovano risposte alle domande della buona coesistenza. Dopo una lunga storia di conflitti tra sessi, cioè tra uomini e donne, che solo superficialmente hanno trovato qualche risposta parziale, è subentrato un insensato scontro tra padri e figli, tra i grandi e i giovani, tra la saggezza e la presunzione, tra i nuovi e i “rottamati”. I filosofi erano gli uomini saggi, anziani ricchi di esperienza; non si può uccidere il pensiero con la cronologia del tempo. Il tempo è assoluto perché ognuno contribuisce col registrare la propria esperienza, accanto a quella degli altri, nel flusso continuo dell’esserci che si conferma nel processo di continuità, di conservazione e di miglioramento della specie. Purtroppo, forse per debolezza del pensiero, la storia si è impadronita del comportamento degli uomini, annullando ogni sua pretesa di presenza nel mondo. Le donne stupidamente pensano di avere vinto la guerra, ma non si rendono conto che la loro è solo un’illusione in quanto il loro piacere sessuale passa soltanto dal coito, cioè dal pene che penetra la vagina e si copula in un atto di estremo piacere. La ricerca di altre forme di piacere è solo un modo di coprire le frustrazioni e di cercare alternative esistenziali: Freud diceva che le donne invidiano all’uomo il suo pene, la cui mancanza le fa sentire castrate e perciò invidiose e scontrose. Io penso che lo stesso Freud si è lasciato andare ad un pensiero valido sotto il profilo psicologico, ma non sostenibile sul piano ontologico, anche perché, a mio avviso, l’origine della sessualità non si caratterizza in una differenziazione genetica primordiale, ma si sviluppa attraverso una differenziazione funzionale a partire da una condizione strutturale iniziale di entità auto fecondante. L’omosessualità è solo un passaggio di ritorno verso tale entità di partenza: perciò tutto è un equivoco. Comunque, a prescindere dall’ontologia, dobbiamo chiarire alcuni principi di coesistenza da cui non possiamo prescindere se vogliamo che la condizione dell’uomo non peggiori. Abbiamo avuto un periodo di sostenibilità del potere da parte degli uomini che hanno tenuto le donne, per loro ruolo, al di fuori della gestione di questo potere: oggi si stanno ribaltando le posizioni, ma solo per astratta riabilitazione. Non si può uscire fuori dalla crisi dell’uomo se non si smette di considerare l’esistenza come un abuso di ruoli. Conviviamo per essere, fuori dalla convivenza non siamo, ma ci siamo. La politica è solo gestione della crisi che purtroppo, anche nel passato, è sfuggita pure ai filosofi: se l’umanità non avesse conosciuto la crisi dell’esistenza non avrebbe avuto bisogno di una gestione della vita, quindi della politica e della sua sorella economia. Adesso tutti fanno i saputi, ma sono soltanto schiavetti interessati del potere. Politici, tuttologi, mass media, intellettuali del sistema non sono altro che sostenitori dell’umana confusione. Oggi viviamo un’esperienza che oltre a disconoscere i principi basilari della nostra ontologia, ci impone condizioni umilianti di convivenza, considerando la nostra presenza nel mondo solo come elemento di sostegno del potere, inteso fondamentalmente come gestione di una presenza economica dell’uomo nella storia. Una persona che soffre e ha bisogno di aiuto si rivolge ai medici, negli ospedali, per chiedere di essere curata: la persona sofferente scopre l’attesa, la lunga attesa che, oltre al problema organico, la pone in uno stato di profonda sofferenza mentale. Chi soffre ha bisogno di conforto, di sicurezza, di amore, primi farmaci di qualsivoglia terapia. Purtroppo la nostra convivenza, oggi, non garantisce alcun supporto: ognuno è solo con se stesso. E’ solo per chiarezza che dobbiamo parlare di alcune cose: il nostro paese rischia di perdere definitivamente la sua identità perché non sa difendere le sue radici culturali e si è fatto trascinare in un vortice di compromessi dall’economia, il cui fine è solo quello di sostenere la politica e quindi il potere di un’oligarchia e non certo quello di conservare e di migliorare la specie, cioè quello di instaurare una nuova forma di umanesimo. L’attuale governo dei tecnici è solo uno strumento delle banche che hanno rinvigorito, attraverso la politica, il loro ruolo di sfruttamento delle risorse umane, senza intaccare i privilegi, aggravando il processo fiscale, senza investimenti e senza giustificare alla gente i profitti ricavati con la recessione e con la crisi da loro stessi voluta in chiave di ristrutturazione della politica e dei mercati. I giovani, in tutto questo, continuano ad essere vittime dell’illusione: i vari Renzi (e quanti ne seguiranno), le donne e soprattutto i grillini non sono altro che inganni dell’alternanza, che non può avere età, perché la saggezza non ha età (ha soltanto meriti che non si misurano con la cronologia o il sesso), come diceva Platone: ai suoi tempi, a governare dovevano essere i filosofi, perché “la democrazia può essere la peggiore forma di dittatura”.

 Prof. Antonio Vento

10-12-2012

 

Tel.06-49918107, cell. 338-7710372, e-mail : ventoa@hotmail.it - Istituto di Anatomia Umana, via Borelli n. 50
Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale senza previa autorizzazione