Università degli studi di Roma
La Sapienza
OSSERVATORIO NAZIONALE MOBBING

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MOBBING E SUICIDI

Quando, sul finire degli anni ’90, iniziammo a studiare il fenomeno Mobbing, sulla scorta dei dati statistici che lo psicologo, prof. Leymann, ci aveva fornito con le sue ricerche che, fondamentalmente scaturivano da una sua constatazione, quella dei frequenti suicidi per problemi di lavoro, nel nord Europa, incontrammo non poche resistenze negli ambienti universitari e nelle sedi legali, che sottovalutavano (in qualche caso, negavano) qualunque forma di stress accusato dai lavoratori, i quali erano (come sempre, nella storia del mondo del lavoro, fino ai nostri giorni in cui i nostri ministri si fregiano delle scelte repressive contro i dipendenti aziendali, specie nel terziario, considerati “cialtroni e sfaticati”, senza guardarsi allo specchio) visti come sfruttatori o come sovversivi. Proprio pochi anni prima, finito il ’68, molti dei politici e dei governanti italiani si scontravano, col vessillo delle ideologie, causando danni sociali non indifferenti e preparando il terreno a quelli della “lotta armata”, direttamente o indirettamente: ora sono perbenisti e governatori della cosa pubblica. Come chiamarli? Ipocriti o opportunisti?
Il sottoscritto si laureava in Medicina e Chirurgia, nell’anno accademico 1971-72, con una tesi di Laurea dal titolo:”Psicopatologia della Vita in Fabbrica”.  Pare superfluo dire che aveva anticipato, di quasi trenta anni, le scoperte di Leymann. Solo che questo era accettato dalla cultura sociale della Svezia e dei paesi del centro-nord Europa, mentre in Italia, dove giornalmente si scontravano una sinistra stalinista e repressiva (affiancata dal suo sindacato, che faceva solo politica) e una destra violenta, militarizzata e ignara dei problemi sociali, specie quelli inerenti alla cultura, un simile messaggio, seppure documentato con dati e con analisi scientifiche, veniva rigettato e combattuto, specie dai “baroni” universitari ai quali interessavano solo il potere e i privilegi. Il sottoscritto è stato il primo mobbizzato, che ha saputo però contrapporsi ai mobber.
Ma torniamo al problema dei suicidi;  si legge a pag. 22 del Corriere della Sera dell’11 settembre 2009: “22 i suicidi nel gruppo France Telecom da febbraio 2008. L’ultimo è stato quello di un dipendente della sede di Lannion, Francia dell’Ovest, a fine agosto. Nello stesso periodo, secondo i sindacati, ci sono stati altri dieci tentativi di suicidio.” Ormai conta soltanto l’interesse aziendale e, grazie ai sociologi ed agli economisti del lavoro, i lavoratori sono solo un oggetto, privo di valore umano, merce di scambio per le carriere dei dirigenti, che ricevono un premio per ogni licenziato che riescono a convincere, con ogni mezzo, a dare le dimissioni: perciò, punto primo, opporsi ad ogni forma di licenziamento!
L’Osservatorio Nazionale Mobbing sta indagando sui suicidi nel Nostro Paese, in mezzo a tante difficoltà di ricerca, ma  siamo certi di poter raggiungere, quanto prima, una nostra conclusione, in merito a tale fenomeno.
Intanto, vantiamo un primato assoluto avendo individuato un altro interessante aspetto del fenomeno Mobbing, quello, così detto, Mobbing Sociale, rispetto al quale stiamo ad un buon punto e, presto, seguirà una nostra pubblicazione su tale argomento. Altro punto, di  cui ci assumiamo la paternità, nel Nostro Paese, è quello di aver proposto il concetto di responsabilità penale nel Mobbing (specie nei casi di mobbizzati che scelgono strade drammatiche per concludere la loro storia sociale ed umana). Purtroppo, constatiamo, tutti i giorni, che è difficile lavorare per dare un aiuto a quanti precipitano nella disperazione della perdita del posto di lavoro a 50 anni, con impegni finanziari sulle spalle, che non possono più essere sostenuti, e nella frustrante vergogna per una inaspettata condizione di disistima e di annullamento in una società che si allontana, sempre più, dai sentimenti umani e dai bisogni degli uomini. Superare questi problemi, con l’informazione e con corsi di preparazione anti-Mobbing, è un modo concreto di migliorare l’economia e la produttività del Paese, che non trovano vantaggi dai trasferimenti, dal demansionamento e dai licenziamenti.

Il Presidente dell’Osservatorio
Prof. A. Vento

Roma 12-09-09

 

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