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I PACS, LA LIBERTA', LA MORALE

In questi ultimi tempi si è scatenata una confusa discussione sui diritti attribuibili alle coppie gay, sovrapponendo il modello di convivenza gay al classico modello di famiglia. Le varie parti, ognuno con le proprie motivazioni, più o meno comprensibili come contenuti di una realtà presente all’io, ché altrimenti non si sarebbero posti se non fossero presenti nel rapporto dell’individuo con la vita, essendo ogni soggetto un progetto di superamento del mondo attuale, quale ricerca ed attuazione di una condizione di libertà, hanno cercato di dare una motivazione compatibile col concetto di libertà e di morale. Cominciamo col dire che  libertà vuol significare il superamento dell’io stesso e di una serie di oggetti esterni che costituiscono il mondo o, come potremmo dire, situazioni, fuori da un concetto di coscienza tetica, essendo ogni io capitato nel mondo, in maniera casuale, per confrontarsi col mondo stesso che aspetta di essere superato da questo io. E’ come se l’io ed il mondo fossero già predisposti, ognuno dal suo punto di vista, ma entrambi condizionati dalle specifiche situazioni, al raggiungimento di un fine attraverso il superamento delle stesse situazioni. Facciamo un esempio : un alpinista vuole scalare la montagna, questo è il fine, ma non può farlo se prima non si pone come superamento del fine stesso, tenendo conto dei passaggi da affrontare, delle tecniche da mettere in atto e delle difficoltà che la stessa montagna frappone tra lei e lo scalatore, a cui vanno aggiunti gli imprevisti, come ad esempio le improvvise variazioni meteorologiche. Si comprende facilmente come in una definizione di libertà rientra il dato soggettivo e quello oggettivo. Dobbiamo perciò tener conto, nella definizione di libertà, dentro la quale rientra, come vedremo, anche il concetto di morale, del valore di entrambe le componenti, quella soggettiva e quella oggettiva, pronte a confrontarsi nel superamento senza negare le loro essenze, essendo esse stesse la potenzialità che rappresentano e che pongono nel raggiungimento di un fine, che si pone come assoluto, seppure influenzabile dalla relatività di fini che si interpongono casualmente lungo il percorso verso il fine ultimo. Abbiamo perciò fini diversi che cessano di essere fini nella loro attuazione immediata, perché privi di espressività e di continuità naturale, in quanto rientrano in una casualità storica che si esaurisce nell’atto di raggiungimento dell’obiettivo. La coppia gay è solo un obiettivo storico, un fine casuale che esaurisce la sua potenzialità naturale nel raggiungimento della sua attualizzazione. La famiglia eterosessuale è la piena potenzialità della natura, quale libertà che si supera continuamente nell’atto stesso di opposizione io-mondo, rappresentando (ed essendo) il concreto elemento di libera espressione dell’assoluto il cui fine crescente  ha come compito perenne la conservazione della specie ed il suo miglioramento. La morale non è che il riconoscimento astratto della libertà che, per superare la sua astrazione, deve porsi uno scopo, non come potenza, ma come atto. Non si può parlare di morale gay in quanto la coppia gay è solo una coppia storica, priva di potenzialità naturale che gli consenta la partecipazione alla continuità della specie e quindi fuori da una concezione universale ed assoluta della realtà; è solo una coppia storica, che in quanto storia è storia delle invenzioni, perciò eterna illusione di progresso, poiché ristagna in una creazione di un meglio, che è soltanto una nuova situazione che non è migliore, ma semplice illusione di progresso. Per quanto si possa rivendicare un diritto di libertà, è pur sempre un diritto storico, perciò illusorio e privo di concretezza, non avendo la coppia gay quel germe di potenzialità naturale che lo destinerebbe alla continuità della specie, come la più alta finalità dell’uomo e della stessa natura, metafisica della concretezza, contro ogni metafisica dell’astrazione. Il grande spazio che la stampa, la politica e la Chiesa hanno voluto dare al problema è dovuto al fatto che tutti rientrano, con eccessiva superficialità, nel grande capitolo della storia, dentro la quale ognuna di queste componenti rivendica un primato dell’immanenza, restando così nel ristagno dell’illusione.

Prof. Antonio Vento

24-09-05

 

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