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L’OSPEDALE E LA POLITICA

Sono lontani i tempi in cui Ippocrate e la Polis rendevano giustizia alla Democrazia ed alle Scienze Umane: erano i tempi del pensiero, cioè della filosofia, e dei valori; erano i tempi in cui l’uomo si rapportava alla natura e si identificava con essa, alla luce di una teoria ilozoista delle fondamenta della realtà. Anche allora c’erano le guerre e il mercato, ma le guerre erano di assestamento antropologico, non di sopraffazione di mercato, tant’è vero che si facevano fronteggiando gli eserciti, senza distruggere le cose, perché ogni distruzione rappresentava un grande sacrificio, sia per i vinti, sia per i vincitori. La vita del cittadino era sacra e il valore della pace era alla base di ogni ontologia;  tutto era sacralizzato: il mondo, la vita e la morte, il Parnaso e l’Ade. La stessa salute degli uomini era un grande regalo degli Dei che con la loro saggezza  regolavano le Scienze: la centralità del tutto era occupata dall’uomo e nulla si faceva per distogliere la sua attenzione dalla ricerca della felicità e dalla contemplazione della natura. Ora i tempi sono cambiati: non si avverte più il bisogno di cercare, sotto la luce della lanterna di Diogene, la smarrita felicità. Ora è l’uomo smarrito e pertanto non ha bisogno della felicità, perché tutto ciò che è o che ha è già deciso e non deve più pensare: non è più il tempo della filosofia; è forse il tempo dell’economia, che non può certo far gioire, ma piuttosto può impensierire gli abitanti di una natura in serio declino. La medicina ha raggiunto vette elevate, ma stranamente sono moltissimi i giovani morti: è quasi un paradosso. Non c’è più Ippocrate o la dea Minerva, non c’è più la polis o la democrazia, ci sono invece gli ospedali “aziende”, la politica e la plutocrazia. Un esempio di collusione tra ospedale e politica l’abbiamo avuto proprio in questi giorni: la stampa benpensante s’è stupita delle “sporcizie” annidate nei sotterranei del Policlinico Umberto I di Roma: cosa saputa da sempre; da quando i giovani studenti, insieme con i lavoratori dell’ospedale correvano, negli anni sessanta e settanta, inseguiti in quei sotterranei dalla polizia. Solo ora però questo particolare smuove la curiosità di cronisti e di politici, che apparentemente possono sembrare spontanei paladini di una causa giusta; a mio avviso, invece, fanno parte del gioco:  quanto è stato detto e scritto serve a far decollare il megaprogetto di un nuovo Policlinico che oltre all’assistenza (non certo gratuita) consente un abbraccio viscerale tra pubblico e privato, rafforzando ancor più i forti e dimenticando i poveri e gli emarginati;  è prevista la costruzione di un ipermercato e di un albergo, eretti sulle ceneri di monumenti storici che andranno abbattuti, contro ogni rispetto della storia, delle tradizioni e dei valori. E’ vero che i tempi cambiano e con essi cambiano pure le strutture, ma chi decide e a chi giova questo cambiamento? Non certo alla città di Roma e ai suoi malati che per diversi anni dovranno privarsi del Policlinico, prima che finiscano i lavori; non certo all’economia dei cittadini che sicuramente dovranno pagare diverse tangenti sociali per essere visitati o ricoverati, al fine di recuperare una cifra così alta, quanto una nostra finanziaria, che si richiede per la realizzazione del progetto. I primi a fare politica oggi sono i dirigenti sanitari ed universitari che non si vogliono fare sfuggire il tempo delle vacche grasse: ricordiamoci che i soldi della pubblica amministrazione, stanziati per la realizzazione del progetto, erano stati congelati, come pure era stata sempre alienata la concessione demaniale della vecchia struttura all’azienda sanitaria; oggi, dopo tanto rumore amplificato dal quarto potere, grazie ai mezzi d’informazione (o disinformazione finalizzata), sono state sciolte tutte le riserve e si sta per dare via al grande banchetto: peccato però che ai poveracci e ai sofferenti non sono concesse neppure le briciole, perché sotto ci sono molti cani affamati ad attendere. Non posso che augurarmi un ritorno agli Dei e alla Filosofia!

 Prof. Antonio Vento

12-01-06  
 

 

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