Università degli studi di Roma
La Sapienza
OSSERVATORIO NAZIONALE MOBBING

HOME    MOBBING    PUBBLICAZIONI    ARTICOLI    CONVEGNI E SEMINARI    CONSULENZE    RICERCA    LINK

 

Indice

 

 

 


 


POVERTA' E MORALE

Una ragazza mi ha chiesto perché non si parla mai della povertà. Pensandoci bene la povertà è il contenuto invasivo del senso di colpa di ogni società. Quest’ultima si regge su delle regole che oppongono le parti sociali su posizioni che garantiscono la sopravvivenza di un potere, falsamente definito democratico, mediante il concetto di avere, sotto il quale l’essere appare dequalificato ed oppresso.  In un siffatto sistema politico (parlo delle democrazie occidentali alle quali noi apparteniamo) il silenzio sulla povertà è d’obbligo. Parlarne vorrebbe dire mettere a rischio la stabilità del potere, perché potrebbero seguire alle parole i fatti per una conversione storica. Nelle poche volte in cui, per ragioni morali o religiose, si è dovuto parlare dei poveri, la stessa povertà finisce di avere un valore storico per diventare tema di contenuti della coscienza, dove la ragione mai può interferire. Qualora è questa che ha il sopravvento si dà alla povertà quel significato di santità e di martirio che la rende quasi un merito dei pochi. Della povertà di massa non si parla mai se non nei momenti di ribellione, quando si tenta di farla passare come azione sovversiva, nemica delle istituzioni. Nella morale, come nelle religioni, non si vive il rispetto della natura, che ha bisogno di oggettività, ma la sottomissione al senso di colpa, che consente ad altri di opprimere “democraticamente” la coscienza del singolo, giustificando l’oppressione con la necessità della storia. Per questo i valori, che una società pone nell’arco del tempo, non sono valori in-sé, alla maniera della filosofia platonica, ma essendo posti da una coscienza diversa da quella dell’individuo, acquistano un significato di oppressione. La stessa oggettività della morale è opprimente: la fame, la povertà, le guerre, gli obblighi di una economia per la sopravvivenza del sistema sociale e politico, la morale stessa e la politica, sono tutti elementi innaturali che trasformano o negano la natura oggettiva del valore-uomo. Ogni conversione è possibile in teoria, ma non si realizza se non raggiunge un cambiamento interiore del singolo e nel contempo un cambiamento reale degli altri. Se il cambiamento non è storico, perciò profondo e radicale, non c’è conversione assoluta della morale. La chiesa ha vissuto tale conversione con la crocifissione di Cristo, che ha voluto rappresentare la presa di coscienza dei sottomessi di una condizione storica insostenibile, che richiedeva oggettivamente un cambiamento stravolgente. D’altra parte l’uomo non vuole comprendere il mondo, che cambia continuamente senza definire un fine : economia agricola, economia artigianale, società industriale, post-industriale e tecnologica, non sono fini per l’uomo; lo sono piuttosto per l’economia che, a sua volta, non è un fine, ma un mezzo di dominio politico, dove prima con la gestione nazionale e poi con la globalizzazione di una nuova economia di mercato si tende ad imporre una nuova morale : l’avere-assoluto contro l’essere-relativo, in un sistema politico che nega la creatività e la sentimentalità a vantaggio di una necessità di competizione tecnocratica e spesso virtuale. E’ così che ogni morale diventa immorale, relegando l’uomo in un ruolo accidentale di marginalità. Ogni moralista, in quanto personaggio della storia, tende a dare una definizione della realtà, distaccata sia dai poveri e dagli oppressi che dai potenti e dagli oppressori, perché essendo anche lui partecipe dell’oppressione, non riesce a concepire una morale senza oppressione, da cui possa scaturire una reale conversione della storia. Una siffatta conversione storica non può avvenire se non nel momento in cui tutti gli uomini diventano morali. La strada della morale è lastricata di valori che a loro volta rivelano la libertà. Vogliamo esprimere, con la generosità e la disponibilità, la considerazione degli emarginati, dei mobbizzati, dei poveri, degli oppressi e, come tali, di tutti gli uomini, per fondare insieme una nuova coscienza di morale e di libertà.

Prof. Antonio Vento
 

 

Tel.06-49918107, cell. 338-7710372, e-mail : ventoa@hotmail.it - Istituto di Anatomia Umana, via Borelli n. 50
Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale senza previa autorizzazione