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LA CARTOLARIZZAZIONE E I SUICIDI

L’undici ottobre del 2005, in via Benedetto Croce, metteva fine alla sua esistenza il prof Theodore Barbu, lanciandosi nel vuoto da uno dei tanti palazzi cartolarizzati di Roma. Apparentemente questo è stato solo un fatto di cronaca, uno di quei fatti che tutti i cittadini leggono ogni giorno un po’ impensieriti e un po’ incuriositi, perché fatti analoghi possono capitare a chiunque. Ma di fronte a questa vicenda, non ci troviamo, a mio avviso, in un fatto banale di cronaca giornalistica : Già prima, l’Osservatorio Nazionale Mobbing aveva denunciato la possibilità che tale situazione, la cartolarizzazione, potesse degenerare in comportamenti irreparabili per ragioni diverse (la perdita del proprio habitat, il dissesto ambientale per la mente, le difficoltà finanziarie, i disturbi affettivi ecc.).  Il 18-10-2005 pubblicavamo un articolo dal titolo “Cronaca di un suicidio annunciato”, che ha mosso molti lettori, ma strutturalmente nulla ha cambiato. La verità è che dove entrano in gioco implicazioni istituzionali, si trova sempre il modo di appiattire il discorso delle responsabilità e tutto passa come scontato, quasi naturale, come se nulla fosse accaduto. D’altronde sono in molti quelli che per sei giorni a settimana pensano che l’esistenza sia un accidente della natura, che ha valore unicamente per il suo ruolo sociale, e solo la domenica, davanti all’altare, si ricordano che tutti sono figli di Dio.
Ma scendiamo dalla metafisica e rientriamo in noi : La morte del prof. Theodore e quella di tanti altri poveri diavoli che invece di sentirsi potenti si scoprono soli in un mondo insensibile e freddo, è solo un fatto accidentale, come l’uomo di tutti i giorni. Vorrei però sapere dagli esperti del diritto terreno come viene considerato il fatto che un uomo decida di togliersi la vita, supremo bene della natura, quando alla base di tale decisione s’intravedono delle precise cause, più o meno imputabili a scelte ed a comportamenti esterni, che possono scientificamente causare l’evento irriducibile. La nostra ricerca elaborata, alcuni mesi fa, prima di essere presentata alla stampa, che ha dato al fenomeno un giusto rilievo, anche se con relativi risultati, metteva in evidenza che la maggior parte dei soggetti testati accusavano pensieri autolesionistici. Ancora una volta si affacciano sul grande malessere della nostra società le banche; questa volta, oltre le nostre banche italiane partecipano alla causa del malessere anche le banche straniere, specie quelle inglesi. Ma ad assumersi le responsabilità dei molteplici casi di disagio psichiatrico, dei disturbi cardiovascolari, delle ipertensioni, delle insonnie (e così dicendo) o del suicidio del prof. di via Benedetto Croce quale di queste banche  si affaccerà sullo scenario della sofferenza per riconoscere le proprie responsabilità penali? Quale giudice si farà promotore di questa inchiesta? E perché il sindaco di Roma, dove la strada del suicidio-omicidio ha usurpato il nome di un pensatore liberale e ideale come Benedetto Croce, non si dichiara parte civile nei confronti di coloro che sfruttano la convivenza sociale per accrescere il potere personale? 

Prof. Antonio Vento
 

 

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